Paese Sera - Lunedì, 23 Settembre 1974 - Edizione del Mattino
Seconda giornata musicale a Villa Pamphili
Majorca e Roma-Lazio battono il festival pop
Solamente cinquemila i giovani - Una preoccupazione il tempo? - Un «de profundis» per il pop:
c'era gente che giocava a pallone - A sera più animazione e molte coppiette

di MIRELLA DELFINI

Questo era il momento di avere vent'anni, diceva un adulto guardando i ragazzi abbracciati sul prato verde spento di villa Doria Pamphili. Raccontava di essere scappato di casa due o tre volte, da giovane, ma di « non avere mai trovato nessuno ». Ora loro si trovano sempre, diceva, e non importa se la scena ne valga la pena o no, se siano centomila o duemila: sono davvero insieme. Un festival pop, uno d'organo, un film d'essai, una protesta o un sogno li uniscono, mentre noi eravamo soli.

Non aveva visto villa Doria Pamphili coperta da un mare di jeans com'era l'altro ieri, e non sapeva fino a che punto i giovani possano essere davvero insieme, quando vogliono. Ora Majorca e il derby alla TV, il tempo incerto e un po' di delusione per la mancanza di un vero thrill nel festival, lasciavano la villa un po' vuota, abbandonata ai volantini spiegazzati, ai sacchetti di plastica gonfi di vento che vagavano sui prati come strambi ectoplasmi.

Cinque o seimila persone, quattro o cinquemila giovani della «maggioranza sedentaria », come li ha chiamati lo psicologo Dino Origlia, e qualche famiglia in cerca di emozioni « diverse », si erano sparsi nella vallata, ma non sembravano radunati per uno spettacolo. Era solo una passeggiata domenicale, una festa all'aperto, un pretesto per prendere aria quasi pura, e lo sfondo di singulti delle chitarre delle batterie degli organi elettronici li teneva appena legati, come un filo tenue sempre pronto a spezzarsi.

I più vicini al palcoscenico erano lì da due giorni e dopo la notte di pioggia dentro i sacchi a pelo dormivano trafitti dalle lame di suono. Sembravano abbattuti per l'eternità come le mura di Gerico colpite dalle trombe. Erano, più di metà, entrati senza pagare: tagliando con le cesoie i fili metallici della rete che chiude la villa, e poi chiedendo agli adulti « ben vestiti » cento lire per mangiare.

« Eppure - diceva Giovanni Cipriani, l'organizzatore, guardandoli e contandoli con gli occhi - se tutti pagassero, anche poco, la situazione si rovescerebbe. Non sarebbero più loro, i giovani, a farsi strumentalizzare dall'industria, ma l'industria a farsi strumentalizzare da loro. Bisogna creare l'alternativa, arrivare all'autogestione, o quasi ». Di questo ai giovani non importava molto. Sentivano solo che il pop sta morendo, e forse si erano radunati davanti a quel palcoscenico per recitare una specie di de profundis. Anzi, lasciavano che fossero loro stessi, i cantanti e i suonatori, a recitarlo. Ora c'è il folk, durerà per un pò, e dopo verrà qualche altra cosa nuova, eccitante, ma ugualmente destinata a finire.

Qualcuno, stanco di ascoltare musica lontana e scombinata (« ma stanno accordando gli strumenti o suonano davvero ? », si chiedeva qualche ragazzo) aveva cominciato a giocare a pallone. «Goal» si sentiva gridare, e poi venivano gli applausi, i fischi, e il gioco riprendeva.

Due camionette cariche di poliziotti erano un filare di occhi che stavano a sorvegliare. Ma non accadeva nulla, c'era solo pace e noia e qualche raro scoppio di allegria. Da qualche parte intanto si levavano le famiglie, trascinando i bambini verso l'uscita: avevano visto che il cielo prometteva pioggia, e tornavano alle loro automobili parcheggiate sull'Olimpica, prima di rischiare un raffreddore.

Mentre loro se ne andavano. incominciavano a scendere gruppi nuovi, di ragazzi più maturi, quelli che possono uscire la sera, quelli che hanno le chiavi del portone, una categoria a parte. Venivano già dal viottolo con l'impermeabile sul braccio, offrendosi al caso. Pioggia o no, il festival ieri sarebbe continuato fino all'una di notte. E nelle sere di settembre è ancora bello stare sul prato con la ragazza, mentre qualcuno suona, non importa che cosa e non importa come.


Clicca per immagine articolo

Paese Sera - Lunedì, 23 Settembre 1974 - Edizione della Sera - Cronaca di Roma
Il festival a Villa Pamphili
Tra sole e pioggia terzo giorno di pop

di PIETRO MONDINI

• Seconda giornata a Villa Pamphili, seconda delusione per gli appassionati del pop.
Il pop, ormai, è un ricordo che stasera, fortunatamente (come l'altra sera col « Banco »), sarà rispolverato da quegli indiavolati dei « Soft Machine ». Ieri, di pop, neppure l'odore. C'è stato di tutto: dai mormorii per l'esibizione di Richard Benson ai fischi per l'uscita di James Jotti alle risate per Yuri Camisasca, capelluto cantautore che ha concluso il proprio show ripetendo « miao, miao » per lo meno venti volte.

Più che un festival, una sagra; un'allegra scampagnata (col tempo incerto tra il sole e la pioggia) dove, con un po' d'amicizia, una chitarra e qualche nozione, molti altri avrebbero potuto esibirsi sotto una qualunque etichetta. Ieri, prova del nove che il pop è in fase calante e che gli organizzatori, sfruttando gli ancora quel poco che gli resta, già puntano altrove la loro attenzione. Da Villa Pamphili viene la conferma che quello presente è un momento di transizione da un genere musicale ben definito a qualcosa di cui ancora non sono delineati i contorni.

Ad avere le idee chiare sono, ancora una volta, giovani e ragazze. Per primi, essi voltano le spalle - salvo rare eccezioni - a complessi e solisti che organizzatori e discografici vorrebbero contrabbandare come « rivelazioni » se non, addirittura, come « promesse » di un immediato futuro. I ragazzi, invece, decidono di testa loro, senza badare a etichette. Così, come l'altra sera applaudirono la folksinger Dodi Moscati, così ieri, rivelandosi ottimi intenditori, hanno applaudito « Amazing Blonde », « Strada Aperta », Ciampini e Jackson, « La Bauhausen » e Angelo Branduardi, gli unici che in verità hanno detto qualcosa.
Angelo Branduardi si è confermato fine musicista e misurato cantante. Senza troppo forzare, con la sua tradizionale chitarra, Branduardi non è un fuoco di paglia. Ben quadrato professionalmente (è profondo conoscitore dl musica), Branduardi è destinato a collocarsi tra i migliori della nuova leva di cantautori: di quella che seguirà all'ormai spenta « generazione popista ».

Di buona fattura il rock di Ciampini e Jackson, due ragazzi che, incontratisi occasionalmente due anni fa nello studio d'incisione di una casa discografica milanese, non si sono più separati. Dopo le tournée con la « Premiata Forneria Marconi » e il « Banco », hanno ora in programma una serie di ellepi.
Dal casalingo complesso « La Bauhausen », un tuffo in ottimo jazz; altrettanto dicasi del quartetto romano « Strada aperta » che sabato scorso, dopo poche battute, si rifiutò di proseguire per difetti acustici del colossale impianto. Il finale, riservato agli inglesi Terry Wincott e Eddie Baird, riuniti sotto l'insegna dell'« Amazing Blonde », ha parzialmente fatto dimenticare la fiacca giornata.
Stasera, oltre ai « Soft machine », si esibiranno « Spirale », «Albero Motore», Rosa Balistreri, Mauro Pelosi, il Duo di Piadena, «Caleidoscopio » e altri. La prevalenza, se il programma non subirà mutamenti, sarà folk.



Clicca per immagine articolo

Paese Sera - Martedì, 24 Settembre 1974 - Edizione Serale - pagina 5
A villa Pamphili
Finalmente pop di qualità
Il complesso « Soft Machine » celebra il suo decennale - Cantanti e complessi folk tra i più tipici - Applaudita la folksinger Rosa Balistreri

di PIETRO MONDINI

* II pop l'ha finalmente spuntata. Dopo il « Banco del mutuo soccorso », sono stati di scena ieri, a Villa Pamphili, gli inglesi del « Soft Machine » un complesso che, proprio in questi giorni, sta celebrando il decennale. Come si vede, è uno dei pochi rimasti sulla piazza dopo che altri « coetanei », di estrazione più o meno bizzarra, si sono dissolti o sfusi e rifusi in mill'altri rigagnoli musicali. Anche loro, per la verità, non sono arrivati indenni alla soglia del '75. Del primitivo gruppo formato nel 1964 (il « D. AlIen Quartet »), modificato nel '65 (il «Mr. Head») e definitivamente etichettato nel 1966 (« Soft Machine »), è rimasto soltanto il pianista Mike Ratledge. Il restante organico è stato reclutato a seconda delle « defezioni », tant'è vero che Wyatt, il batterista, venuto in Italia nella tournée veneziana del 1971 è stato l'anno dopo sostituito da John Marshall. Il quintetto di ieri sera, pertanto, era formato da Mike Ratledge (piano), John Marshall (batterla), Alan Holdswort (chitarra solista), Karl Jenins (Oboe-sax), Roy Babbington (basso).

Con il mestiere di cui dispongono non potevano che offrire un grosso spettacolo, anche perché, com'è noto gli appassionati della musica pop, sono tra i primi ad aver utilizzato effetti sonori bizzarri e giochi di luci, fantascientifici per cui ieri sera, in quello scenario naturale che è la valletta di Villa Pamphili, si sono sbizzarriti come mai, confermando il discorso che da tempo andiamo facendo: che il pop, cioè, si fa seriamente o non si fa, e farlo significa offrire musica e non rumori come, purtroppo, in Italia, talvolta incoraggiati da discografici di poco talento, si usa.
Lo spettacolo dei « Soft Machine », non nuovo per Roma, conserva integro il fascino dei primi tempi, condito con quel pizzico di leggenda che, in questi dieci anni, è venuta creandosi.

Della nostra produzione locale abbiamo ascoltato i « Sensation's fix », « Murple », « La Spirale », il «Caleidoscopio», «L'albero motore» e alcuni altri. In tutti c'è l'onesta ricerca di un pop che scimmiotti qualcuno dei «grandi » raramente c'è lo sforzo di produrre qualcosa di autonomo e di originale: segno che non si ha nulla (o poco) da dire. A questo punto, per i plagiatori, meglio è cambiare strada e impegnarsi in quei generi musicali più recepibili e più aderenti alle nostre tradizioni.

Un esempio, in tal senso, viene dai cantanti e complessi folk. I più tipici sono stati espressi ieri sera da Rosa Balestrieri e dal Duo di Piadena, i simpaticissimi Amedeo Merli e Delio Chittò, entrambi di Torre Picenardi, un paesello in provincia di Cremona. Nati in campagna, Amedeo e Delio continuano a stare coi piedi in terra. Ambizioni non ne coltivano; l'unica che hanno è di ritrovare, durante i loro incontri con vecchi mezzadri e braccianti, cori e cante con cui i nonni usavano esprimersi contro padroni e prepotenti di quei tempi, per poi adeguarle, con un pizzico di malizia, ai giorni nostri. Convinti cantanti folk, quando ancora il folk non era strumentalizzato dai discografici, Amedeo Merli e Delio Chittò se ne andavano da piazza in piazza con le loro chitarre arrossendo ogni qualvolta organizzatori e managers offrivano loro allettanti proposte di lavoro. Prima al Cantagiro, poi al Canteuropa ruppero, come suol dirsi, il ghiaccio. Furono invitati alla radio e alla televisione e ora sono corteggiati come certi solisti. A Villa Pamphili sono venuti gratis « perché - dicono Amedeo e Delio - è giusto che i giovani conoscano chi ha lottato prima di loro ».

Dal Sud, con ancora più rabbia del «Duo di Piadena », è venuta Rosa Balestrieri, la folksinger agrigentina che molti siciliani hanno ormai assunto a loro simbolo. Anche a Villa Pamphili, la Balestrieri ha trovato dei compaesani, ma gli applausi non erano soltanto siciliani. Le corde della sua chitarra e la rabbia che ha dentro hanno scosso un po' tutti, perché il suo è un canto sincero, è un grido di riscossa che rincuora anche i dubbiosi.

Delle tre giornate di Villa Pamphili (si concluderà stasera) quella di ieri è senz'altro stata, artisticamente, la più completa.
Stasera, senza Battiato e l'annunciato gruppo giapponese la rassegna si concluderà con l' esibizione dei complessi « Perigeo», « Ibis », « Assemblage », «Canzoniere Internazionale», « il Crepuscolo », « Etna », « I bambini di Dio », Ines Carmona e Roberto Ciotti.


Clicca per immagine articolo



© 1974 - 2006 Stradaperta - Tutti i diritti riservati