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Paese Sera - Sabato, 21 Settembre 1974 - Edizione del Mattino |
Con la partecipazione di complessi italiani e inglesi di PIETRO MONDINI RITORNA il pop, a Villa Pamphili - dio Pluvio permettendo - da oggi a martedì prossimo, quattro giorni di canti e musiche amplificati a 10.000 watt. A differenza delle passate edizioni (questa è la quarta) stavolta per la verità, non saranno quattro giornate rompitimpani, perché il genere pop è stato ridimensionato per fare spazio a jazz, rock e folk. Non poteva, del resto. essere altrimenti, perché non solo i gusti del giovani e delle ragazze hanno subito, musicalmente, sensibili modificazioni, ma perché, soprattutto, questa è la tendenza che prevale oggi in campo discografico. Poiché a pagare « l'olio », contribuire cioè economicamente alla realizzazione del festival, sono certe case discografiche, inevitabile che a deciderne la linea, più o meno direttamente, fossero loro.
Oltre al pop, dunque, avremo jazz, rock e folk a partire dalle ore 16 di oggi. Va aggiunto, a titolo di cronaca, che avremo anche fango a mezza gamba, avendo il diluvio dell'altra notte ridotto il parco a un acquitrino. Il pezzo forte sarà rappresentato dal « Banco del Mutuo Soccorso », uno dei complessi più preparati e musicalmente maturi che, dopo aver spopolato in Italia a conclusione di una ridottissima « gavetta », si predispone ora a saltare la Manica. Stasera, infatti, il « Barbone » e i suoi compagni presenteranno in anteprima brani dell'ellepi col quale si propongono di sfondare sul munitissimo mercato inglese. Sul fronte del pop, c'è poco da aggiungere. Detto che avremo modo di ascoltare i « Soft Machine », il complesso inglese che la primavera scorsa, venendo a Roma, si smarrì alla frontiera e che poi al Palasport, ritrovata la «diritta via». provocò il finimondo; e detto che saliranno sul palco « Ibis ». « Sensation's Fix », « Perigeo », mentre non si presenteranno « Jumbo », « Salis », « Il Volo», « Quella vecchia locanda » (scomparsa da tempo), c'è da aggiungere che di novità non è il caso di parlare, se non per segnalare che il gruppo « Samadhi » non è che la reincarnazione, in chiave di rock, dell' « R.R.R. », abbreviazione di « Raccomandate con Ricevuta di Ritorno». Tra le reclute, « Strada Aperta », « Preghiera di Sasso » e altri complessi che, per il momento, non hanno un nome. Nonostante sul prato di Villa Pamphili venga servita una minestra riscaldata, nel senso che mancheranno le novità promesse, il cast che gli organizzatori sono riusciti a mettere insieme, sarà motivo di grande richiamo, e vale la pena - trattandosi di giovani e ragazze - sfidare la pioggia per non perdere concerti che, per la prima volta, sono più accessibili, costando il biglietto d'ingresso 500 lire. Ci auguriamo che non sia « Una tantum », ma l'inizio di una nuova politica di prezzi che contribuisca a ridare al Palasport dell'Eur il suo tradizionale volto di cittadella del pop, ponendo così fine a tutte quelle polemiche che, in definitiva, si risolvono a danno di migliaia e migliaia di giovani e ragazze. |
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Villa Pamphili: musica a diecimila watt Quattro giorni di pop nei prati In programma nella prima giornata esecuzioni del « Banco di Mutuo Soccorso » Presenti anche i « Soft Machine » e gli « Ibis » Stesso articolo dell'edizione del mattino, con titolo diverso. |
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Un fiume di jeans sui prati di Villa Pamphili Migliaia di giovani alla prima giornata del festival pop Musica a 10 mila watt per la scampagnata domenicale dei romani di MIRELLA DELFINI UN FIUME di jeans scende verso il centro della vallata. Sopra i jeans c'è quasi sempre una maglietta a colori, con le scritte più stravaganti, oppure un giubbetto impermeabile, e poi la testa, di ragazzo o di ragazza, con i capelli lunghi, che nella corsa verso il palcoscenico ondeggiano come criniere di cavalli bradi.
Prendevano posto nel semicerchio di fronte ai cantanti e ai suonatori, largo come Piazza del Popolo, oppure si spargevano qua e là, magari infrattandosi - se erano a gruppi di due o di quattro - al margine della vallata, dove incominciavano i cespugli e gli alberi. Alcuni venivano dalla porta centrale, altri si intrufolavano da qualche buco per non pagare il biglietto - cinquecento lire - e a volte il « servizio d'ordine », una squadra di ragazzi con la maglietta pubblicitaria del film L'esorcista, li bloccava e li rimandava indietro, a versare il loro contributo per coprire le spese già sostenute dagli organizzatori (circa venti milioni fino a ieri mattina).
Sul prato erano montate tre tende, una dell'associazione italiana per il WWF (Fondo mondiale per la natura), una dell'organizzazione Kronos 99, un'altra di venditori di magliette e di cuscini con l'immagine di « lui e lei » contornati da cuori e zio e slogan d'amore. Poi c'era lo stand di Feltrinelli con gli ultimi successi, e qua e là i servizi di rifornimento, dalle bibite ai panini. I ragazzi si organizzavano con materassini- coperte e prendevano l'ultimo sole sul prato nuovamente asciutto dopo le piogge di ieri mattina e del giorno precedente. Molti tenevano gli occhi chiusi e ascoltavano, senza parlare, altri discutevano, dolcemente, i suoni lanciati dagli strumenti con una violenza incredibile, che riusciva a traboccare perfino sull'Olimpica, coprendo il chiasso dei motori. Qualche giovanissima coppia aveva portato il bambino sulle spalle, o nel « passeggino », e il festival piano piano assumeva l'aspetto di una festa campestre stranamente vigilata da una folla di poliziotti in divisa e in borghese. Sull'altura, vicino all'ingresso, c'era qualche persona di una certa età, però si teneva discosta, come se non riuscisse a mescolarsi con i giovani per qualche strano complesso di inferiorità. Le signore con i capelli grigi non portavano i jeans, ma le gonne, e stavano bene attente, come si usava una volta, a non far vedere le gambe più su del ginocchio. Ma in realtà dovevano avere scelto quel posto un po' lontano dal frastuono perché le loro orecchie non sono abituate alla musica pop, che a distanza ravvicinata rischia di rompere i timpani. Un ragazzo negro con un meraviglioso barracano colorato era giunto solo solo dal Senegal, e cercava compagnia. La trovò in mezzo a un gruppo di biondini e biondine, che lo accolsero offrendogli le proprie magliette con le scritte contestatario - consumistiche.
Su un muretto un gruppo di ragazzi aveva disteso e fermato con i sassi una serie di manifesti dei festival pop: da quello dl Francoforte dell'aprile scorso a quello di Santa Monica del luglio, ma quasi nessuno li comperava, e loro sembrano non preoccuparsene affatto, come se vendere fosse l'ultimo dei loro pensieri. Jeans a parte, la vallata di villa Doria Pamphili sembrava un po' la valle di Giosafat, così come ce l'hanno descritta da secoli: l'umanità raccolta, in attesa di qualcosa, che potrebbe anche essere il tuono fragoroso di una chitarra o di un organo elettronico a 10 mila watt, senza giudizi universali.
Oggi il festival pop sarà una scampagnata per famiglie. Incomincerà alle 11 di mattina, e si potranno fare i picnic sul prato, a condizione di non infestarlo di cartacce unte e di sacchetti di plastica vuoti. Verranno i bambini, i vecchi, ma per i giovani ci sarà ugualmente posto: vicini ai suoni rompi - timpano resistono soltanto loro. Grande festa popolare ma pochissimo vero pop di PIETRO MONDINI SENZA il « Banco del Mutuo Soccorso » il pop, a Villa Pamphili, ieri, sarebbe rimasto al di là della vallata ove, fino a notte, hanno bivaccato migliaia di giovani e ragazze. Non è la scoperta dell'acqua piovana, ma la conferma che il genere pop, da un palo di anni, sta sonnecchiando. Non si può neppure dire che campi di rendita, perché tolti il « Banco », la « Premiata Forneria Marconi» e pochi altri - da non superare comunque le dita di una mano - le premesse di Viareggio (vedi «New Trolls », « Osanna », « Delirium ») si sono disintegrate e fossilizzate su schemi commerciali che oggi perfino i discografici rifiutano. Più che di pop a Villa Pamphili è più giusto parlare - almeno per quanto si è ascoltato e visto ieri - di sagra popolare, di pre-ottobrata, di festa de' noantri capricciosamente trasferita da Trastevere. D'altra parte, i ragazzi che, per ore e ore, sono rimasti compostamente seduti sul prato l'hanno fatto quasi esclusivamente per il « Banco del Mutuo Soccorso» che, assente da Roma da circa due anni, doveva presentare il suo ultimo ellepì.
Per il resto, ordinaria amministrazione. Il «Biglietto per l'inferno», un complesso comasco formato da cinque elementi e già noto per essersi esibito al principio dell'estate a Villa Borghese, ha svolto il proprio compito senza gloria né infamia, con al microfono una voce che, su musiche classicheggianti, ricorda di volta in volta Gino Paoli, Bindi, Bennato, Lucio Dalla. Si tratta, in sostanza, di un pop ballabile, commercialmente valido. Qualcosa di meglio stava promettendo la « Strada aperta », quando, i suoi componenti - tutti romani - hanno smesso di suonare e sono scesi dal palco inveendo contro l'impianto di amplificazione. In realtà, i ragazzi hanno avuto ragione, tanto che subito dopo Eddy Ponti, il presentatore pop ormai istituzionalizzato, ha fatto appello ai migliori tecnici presenti sul campo. C'è voluto oltre un'ora prima di riprendere. non più con la « Strada aperta » (che ricupererà stasera), ma con gli «OEZ' Master Magnus », produttori di un piacevole rock. Ciampini e Jackson - voce e chitarra - dispongono di un grosso mestiere, e meglio sarebbe stato ascoltarli in una raccolta sala, anziché sentirli disperdere nella sconfinata vallata. Anche Angelo Branduarti, milanese di 24 anni, avrebbe reso di più al chiuso. Musicista raffinato (dopo nove anni di violino è passato alla chitarra classica), non sa neppure lui come definire il proprio genere. « Pop ?; no, pop non è; è forse un intreccio fra gli studi accademici e qualcosa che mi sospinge a cercare qualcosa di nuovo ». In fondo, visto che di festival pop non si tratta, tutte le esperienze e tendenze musicali godono, a Villa Pamphili, di piena cittadinanza: Il folk, in particolare quello di cui si è fatta interprete Dodi Moscati, un genere raccolto dal vivo, dai cori e dalle voci di contadini toscani. Coi suoi canti di lotta e di speranza (che abbracciano un arco di tempo che va dalla fine dell' 800 all'avvento del fascismo), Dodi Moscati, pur spostando l'ago dello spettacolo, ne ha elevato il tono. |
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